Con la crisi del Cristianesimo, in particolare nella sua declinazione Cattolica, maggioritaria nel nostro Paese, riscontriamo un crescente interesse, verso forme di spiritualità “esotiche” quali ad esempio il buddhismo, ma anche del filone neopagano romano – italico, che è quello che vogliamo trattare oggi essendo su una testata romana. La religiosità in questo ambito religioso politeista si esprime, oggi prevalentemente in contesti privati, in quanto non è attuabile la reintroduzione dei culti pubblici, perchè bisognerebbe reinstaurare, insieme ad essi, la Res Publica, cioè lo Stato romano tradizionale. I culti pubblici ai vari dei, infatti, rappresentavano l’antica religione di Roma, che era una religione di Stato. Dobbiamo poi distinguere l’uso della religione privata da quella pubblica, per le diverse implicazioni concettuali, tra le due forme. Il pensiero fondante del culto pubblico, infatti, è la Pax Deorum, cioè il patto tra gli dei e la comunità, concetto che, se trasferito in ambito privato, configura un patto orale o verbale tra il singolo discepolo e le proprie Divinità. Tale patto viene esplicato attraverso il culto romano, che viene esercitato seguendo l’antico calendario romano e che ha un proprio modello sacrale tradizionale pianificato. La differenza fondamentale con la religione antica, dalla quale proviene ed il neopaganesimo odierno, è che il sacrificio cruento non viene praticato e gli dei vengono onorati con offerte di candele, profumi, vegetali, vino e vivande. Ogni individuo adulto, è sacerdote di sé stesso e venera soprattutto il proprio Genio, i Lari familiari, i Penati e le varie divinità che considera protettrici di sé e del proprio nucleo familiare, oltre a quelle cui sono consacrate le festività dell’anno calendariale. I riti legati alle fasi lunari come le Calende, le None e le Idi, sono fondamentali per la ritualistica privata, perché sono improntate sulla logica dell’evoluzione spirituale della persona. La tradizione nobile neopagana odierna, si ispira molto alle opere di Omero, particolarmente gli Inni, nell’ambito greco, od a quelle di Virgilio, in ambito romano. Il principio fondamentale dei riti pagani romani è quello della libertà, il cui rispetto è considerato parte integrante del concetto romano di Pietas, che porta nella sua massima declinazione alla libertà di culto e di scelta, voluta e valutata. Viene posta poi grande attenzione all’ambientazione, vista come una sorta di dovere religioso e di difesa estrema del proprio patrimonio storico, linguistico ed etnico considerato come punto celebrativo prioritario, per l’onore e la prosperità, della propria Patria. Il neopaganesimo romano, viene quindi oggi, riscoperto come strumento di esaltazione e perfezione delle generazioni romane passate e future, ponendosi, come detto, in antitesi, con la religione Cristiana, che con la sua cosmogonia monoteista, ha distrutto l’impero Romano d’Occidente e dopo aver conquistato tutta l’Europa, ha perso lo slancio vitale iniziale e contribuito a rendere questo continente, quasi insignificante e senza personalità. Quando si dice che l’Europa, ha radici cristiane, in parte si sbaglia e molti presunti storici e politici, dovrebbero dire che prima c’è stata un’Europa precristiana. I culti pagani hanno dato tantissimo, infatti, allo sviluppo della potenza di Roma e dell’Europa. Aderire ai culti pagani significa sviluppare una filosofia interiore che solo gli Dei possono dare e che configura l’etica, non come un dovere religioso, bensì come espressione della propria libera personalità.
Roberto d’Amato
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