Ci sono date che sembrano incidere profondamente nella coscienza di un popolo. L’11 Settembre è una di quelle date, non solo per la tragedia delle Torri Gemelle che tutti conosciamo, ma anche per un altro evento, di segno completamente opposto, che portava sullo schermo televisivo un’America diversa.
Era l’11 settembre del 1974 quando “La Casa nella Prateria” fece il suo debutto, raccontando la storia di una famiglia americana, gli Ingalls, vissuta a cavallo tra l’inizio dell’’800 e le prime decadi del ‘900, in un’epoca in cui le frontiere erano ancora aperte e l’orizzonte sembrava davvero poter essere infinito.
È curioso come quell’America rurale, ritratta con durezza e semplicità, rappresenti un’immagine che oggi sembra perduta e forse anche dimenticata.
Gli Ingalls vivevano in un’ America di pionieri, di carovane che si muovevano verso il Midwest alla ricerca di una terra dove costruire un nuovo futuro.
Un futuro che prometteva tutto e che,con il duro lavoro, poteva essere realizzato.
Questo, era il vero sogno Americano.
Ma a distanza di 50 anni, e con un altro 11 Settembre nella memoria, ci si chiede se quel sogno sia mai stato realmente così semplice, o se già allora l’America fosse attraversata dalle stesse fratture che oggi la dividono.
La vita di Laura Ingalls Wilder e della sua famiglia si sviluppava in un mondo che, a prima vista, sembrava lontano dai conflitti del presente.
Era una vita segnata dalla lotta contro la natura, con inverni rigidi, siccità e raccolti perduti.
Era una battaglia per sopravvivere, ma anche per costruire.
Gli Ingalls non avevano molto, ma quello che avevano lo guadagnavano giorno dopo giorno, con il sudore della fronte e la forza della speranza.
Un tipo di lotta che oggi sembra quasi romantica, se confrontata con il mondo ipertecnologico e frammentato in cui viviamo.
Tuttavia, quella prateria apparentemente vuota, quella terra che gli Ingalls e migliaia di altri pionieri colonizzavano era già abitata, e la storia dei nativi americani si intreccia inesorabilmente con quella dell’espansione verso ovest.
Era un sogno, quello della frontiera, costruito su conquiste e speranze, ma anche su violenza e espropriazione. Guardando oggi quelle praterie silenziose, possiamo chiederci : a quale costo è stato costruito quel sogno ?
Se l’11 settembre del 1974 ci portava la storia degli Ingalls, l’11 settembre del 2001 ha segnato la fine del sogno americano, infrangendone il mito dell’invincibilità, fondato su un sogno di certezze, sicurezza e prosperità.
Le due Americhe, quella delle praterie e quella dei grattacieli, sembrano oggi lontanissime, eppure sono parte della stessa storia.
Gli stessi valori che muovevano Charles Ingalls a cercare una nuova terra per la sua famiglia e il suo desiderio di libertà, si riflettono, in maniera distorta, nelle immagini del crollo delle Torri gemelle.
Quella che era una lotta contro la natura si è trasformata in una lotta contro un nemico diverso, una minaccia che non viene più dalla arida terra, ma dall’animo umano incapace di comprendere e dialogare.
Quella America di pionieri, oggi, non esiste più.
Il sogno americano è oggi una corsa alla globalizzazione, al progresso senza sosta ed alla competizione più sfrenata.
Ma forse è proprio nelle storie come quella degli Ingalls che possiamo trovare una risposta alle nostre domande di oggi. Quegli uomini e quelle donne, che non conoscevano il mondo interconnesso, avevano però qualcosa che noi sembriamo aver perso, ovvero la capacità di affrontare la vita con umiltà, di accettare i cicli della natura, di riconoscere il proprio posto in un disegno più grande.
L’America di oggi, con i suoi grattacieli e la sua frenesia, ha dimenticato quella lezione.
Non c’è più spazio per praterie infinite, non ci sono più terre da conquistare.
A cinquant’anni da quel debutto, possiamo guardare a quegli Ingalls come a un simbolo di ciò che l’America ha cercato di essere ; una terra di opportunità e di speranza. E allo stesso tempo, possiamo riflettere su come quel sogno sia cambiato, su come l’America abbia perso per strada alcuni dei suoi valori più autentici nel tentativo di adattarsi a un mondo sempre più complesso e incerto.
Resta da chiedersi se riuscirà a ritrovare la forza di quei valori, o se il sogno americano sia destinato a perdersi per sempre.
Grigorij Andreevič Iandolo
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