Il 10 Marzo del 1654 nasceva, a Roma, il pittore Giuseppe Bartolomeo Chiari. Si formò artisticamente presso la bottega di Carlo Maratta, del quale fu l’allievo favorito. Diventò molto famoso a Roma, dove ebbe prestigiose committenze civili e religiosi. Come riconoscimento della sua fama, tra il 1722 ed il 1725 gli venne concesso il titolo di Principe dell’Accademia di San Luca. Il suo stile, oltre alle influenze del maestro Maratta, col quale collaborò, in pratica fino alla morte di quest’ultimo, riecheggia anche quello di altri artisti del periodo quali: Andrea Sacchi, Guido Reni e Pietro da Cortona. Morì a Roma l’8 Settembre del 1727. L’opera che vi propongo è: “Adorazione dei Magi” olio su tela, di cm 122 x cm 95 realizzato negli ultimi anni del ‘600 e facente parte della collezione d’arte della Banca d’Italia. La tela, notevole esempio dello stile dell’artista, raffigura, come detto, l’Adorazione dei Magi e fa il paio con un’altra versione, del medesimo soggetto, sempre opera di Giuseppe Bartolomeo Chiari, che si trova alla Gemäldegalerie di Berlino. In realtà queste sono solo le due versioni migliori tra le molteplici che l’artista fece dell’Adorazione dei Magi. Il Chiari, infatti, pare fosse attratto da questo particolare episodio evangelico, che gli permetteva di sbizzarrirsi con elementi tratti dalle fonti apocrife, per dare un tocco di esotismo ai propri dipinti. Sono i Vangeli Apocrifi, infatti, a identificare i tre saggi giunti da Oriente, con Melchiorre re dei Persiani, Baldassarre re dell’India e Gaspare re d’Arabia, che recano in dono rispettivamente oro, incenso e mirra in omaggio alla regalità, alla divinità e all’umanità del Bambino di Betlemme. La composizione delle figure appare studiata ed armoniosa, nello spazio e si abbina a una notevole ricercatezza cromatica, per giungere ad un accorto amalgama di classica solennità ed estro barocco. Tra i Magi, guidati in quel luogo dalla stella che appare in alto, spicca quello in primo piano, Melchiorre, che, per venerare il Salvatore, ha deposto in terra la corona e lo scettro. Gli altri due sono più indietro, con una moltitudine di personaggi che assiste alla scena. Le figure degli angeli, sono molto interessanti, perchè appaiono incorporee essendo munite solo di testa ed ali. Sul fondo, le rovine di grandiosi edifici classici simboleggiano la decadenza della civiltà antica che l’incarnazione del Cristo è venuta a rinnovare.
Luca Monti
redazione@latribunadiroma.it
LA TRIBUNA DI ROMA Testata periodica ai sensi dell’art. 3-bis del Decreto Legge 103/2012
direttore responsabile
Tristano Quaglia
direttore editoriale
Paolo Miki D'Agostini
editore Associazione Nuova Rinascenza C.F. 96476870587
via Ghibellina 42 FIRENZE 50122