C’è un ronzio sordo che sale dalle viscere del potere, tra i corridoi della diplomazia e le ombre invisibili della guerra. Mosca, il mese scorso, ha ritirato l’accreditamento a sei diplomatici britannici, accusandoli di spionaggio. Sembra un eco della Guerra Fredda, ma in realtà quel conflitto ideologico non si è mai spento. È rimasto nascosto, più subdolo, come un veleno che corre lento nelle vene della storia.
Le spie, oggi come allora, tessono una trama che non vediamo, ma che ci avvolge. Noi camminiamo in quel labirinto di menzogne, ciechi e silenziosamente complici, coscienti del fatto che questi giochi, insieme alla destabilizzazioni di intere nazioni, non sono altro che il prezzo “nascosto” per mantenere il nostro benessere.
Ci illudiamo di essere spettatori, ma in realtà siamo parte di questo meccanismo oscuro.
Nel frattempo, mentre i “diplomatici” vengono allontanati, le parole dei potenti attraversano gli oceani.
Putin, con il suo tono fermo e glaciale, dipinge uno scenario che inquieta. Kiev può già colpire il suolo russo, dice, ma il vero pericolo è l’utilizzo delle armi occidentali a lungo raggio. Non è l’Ucraina che decide dove colpire, ma i satelliti americani, la lunga mano della NATO. Se quelle armi entreranno in gioco, non sarà più una guerra locale, ma uno scontro diretto con l’Occidente. Dall’altra parte dell’oceano, Biden sembra voler giocare a nascondino con la verità.
Gli Stati Uniti potrebbero permettere a Kiev di colpire, ma solo a patto che non usino armi americane.
Come se una clausola del genere potesse evitare la reazione del Cremlino, abituato a calcolare ogni mossa con precisione millimetrica.
In Occidente, molti non si rendono conto che, nel contesto russo, Putin è forse il più moderato. Alle sue spalle, figure come Nikolai Patrushev segretario del Consiglio di Sicurezza, è uno dei “falchi” che spingono da sempre per una linea ben più dura con l’Ucraina e, forse, con l’intero Occidente. Eppure, con Putin nessuno sembra voler intavolare dei negoziati.
E poi c’è Zelensky, che in mezzo a questo gioco di giganti, pronuncia parole che sembrano quasi beffarde : l’offensiva russa a Kursk, dice, è parte del piano ucraino. Mentre parla, Mosca lo contraddice sul campo. Si respira un’aria di confusione, di dichiarazioni che si intrecciano e si annullano a vicenda.
In mezzo, l’Europa osserva come stordita, incapace di prendere atto della situazione e di certe dichiarazioni sempre meno credibili.
Perché è proprio qui, nel cuore di questo vecchio continente, che la guerra potrebbe risuonare più forte, ma la voce della sua politica è debole e telecomandata. Ci troviamo, tutti, sulla soglia di una catastrofe che nessuno vorrebbe, ma che nessuno riesce a fermare. La Russia non cede sotto le sanzioni, i droni ed armi sempre più distruttive e miracolose. È un gigante che resiste, temprato dal freddo della storia e dal dolore. Non può essere abbattuto con delle dichiarazioni di facciata o da un presunto isolamento politico.
Per farlo, servirebbe uno scontro diretto, e questo significherebbe la fine del mondo per come lo conosciamo. Siamo in una partita a scacchi senza fine, dove quello che conta è la propensione alla sofferenza, alla pazienza e ad un’estrema lucidità.
La Russia, è una terra nutrita da secoli di questa sofferenza, di resistenza temperata dal gelo, dal peso delle tragedie e dalle illusioni spezzate dalla storia. La Russia non ha mai combattuto solo con le armi, ma con la sua stessa anima e lo sa bene chi nei secoli ha provato ad invaderla ed a piegarla.
E allora,mentre le spie si muovono nell’ombra e i missili continuano a solcare i cieli, non resta che prendere atto di un mondo che nella sua vanità , scivola inesorabilmente verso l’abisso.
Ogni passo, ogni parola pronunciata o taciuta, ogni azione e decisione sta già tracciando il futuro . Si vive in un equilibrio precario, dove ogni attore sembra non voler essere il primo a tirare troppo la corda, ma allo stesso tempo nessuno vuole cedere. La storia, con la sua ciclicità crudele , sembra ripetersi, ma ora l’eco è più cupa, più profonda ed i confini tra vincitori e vinti si confondono, perché se quella corda si spezzerà, nessuno resterà indenne.
Grigorij Andreevič Iandolo.
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